La povertà come equilibrio tra predicazione e orazione
L’equilibrio, tra le predicazione e l’orazione, sussiste in un cardine, che è la POVERTA’: una povertà concreta, esistenziale, sia personale che comunitaria, che è il segno visibile della povertà spirituale, cioè della vera gratuità dell’amore… di Madre Mirella Muià, eremita.
1. Forse è consentito affermare, a chi come la sottoscritta non possiede nessun titolo per trattare di questo argomento, che la novità del santo di Assisi risiede in un equilibrio fondamentale tra le due componenti essenziali della sua vita per il Signore: la predicazione della penitenza e della conversione, e la pratica dell’orazione. Questo equilibrio sussiste in un cardine, che è la POVERTA’: una povertà concreta, esistenziale, sia personale che comunitaria, che è il segno visibile della povertà spirituale, cioè della vera gratuità dell’amore.
Credo che l’equilibrio reale, in cui la vita apostolica non soffoca o sminuisce la vita di orazione, ma anzi sgorga da essa, sia proprio incentrato sulla vera povertà, che è la gratuità dell’amore. Essa è l’anello che mantiene uniti i due aspetti del carisma di Francesco, e nello stesso tempo li custodisce. Ecco perché è così importante che Madonna Povertà sia amata dai figli di Francesco, in tutte le sue implicazioni materiali e spirituali…
Non si tratta di dare una definizione o illustrazione della vita contemplativa di Francesco come forma di vita – questo viene dopo, se mai fosse necessario. Ma importa piuttosto mettere in luce il significato di questo termine. Non è dunque l’aspetto giuridico o istituzionale che mi interpella qui, anche perché non ho gli strumenti necessari per descriverlo… Ma è il senso e l’esperienza della contemplazione che richiedono di essere messi in luce, perché sono il fondamento senza cui l’istituzione è vuota, ed è l’altra sponda del carisma di Francesco senza cui la vita apostolica è arida.
Vorrei partire da un punto della biografia che tutti conoscono, e a cui attribuisco personalmente una grande rilevanza: l’episodio del Crocifisso di S. Damiano.
2. Dagli scritti biografici è evidente l’attrazione che esercitano su Francesco le chiese in stato di abbandono, di povertà e di desolazione. Questo è il caso, fra gli altri, di S. Damiano, anche se è segnalata la presenza di un sacerdote, che viene descritto a immagine della stessa chiesetta a lui affidata: una povertà di abbandono e di desolazione estremi.
Nelle fonti, il Crocifisso non viene descritto, e non ne abbiamo bisogno, perché ci è molto familiare! In quanto iconografa, vorrei mettere in luce un particolare: gli occhi aperti, anzi spalancati, lo sguardo che esprime una compassione infinita. E’ un particolare notevole perché, essendo di fattura orientale, icona bizantino-siriaca, proprio negli occhi si distingue nettamente dagli altri modelli iconografici. Questi occhi spalancati sono l’espressione della contemplazione, dello sguardo interiore che abbraccia ogni vivente. Proprio questo mi permette di manifestare un’audacia che spero mi sia consentita dai fratelli francescani: credo che la prima STIMMATA di Francesco sia proprio questa, l’imprimersi in lui dello sguardo che abbraccia tutti i viventi.
Francesco aveva già accolto, in questo inizio della sua conversione, l’operazione dello Spirito santo che lo predisponeva a ricevere la grazia della contemplazione. La stessa docilità con cui egli accolse i primi suggerimenti dall’alto, lo preparava ad un’accoglienza sempre più grande.
Nel cuore di Francesco – intendo ‘cuore’ in senso biblico come centro della persona – si è impresso quello sguardo. E’ il modo di guardare e di vedere tutte le creature con la compassione di chi dà la propria vita per suscitare in esse la vita. Questo è anche lo sguardo che nel lebbroso vede la condizione stessa dell’uomo in quanto tale.
Davvero non si comprende Francesco se non si parte dallo sguardo del Crocifisso di S. Damiano: compassione, desiderio di riunire tutte le creature viventi nella stessa luce della vita che non muore.
3. Contemplare così il Crocifisso di S. Damiano vuol dire sperimentare questo paradosso: il Risorto è in croce! Il Dio vivente è crocifisso! Il Risorto sta nella nostra storia come crocifisso.
Come può essere che un evento, accaduto una volta per tutte, sia sempre attuale? Questo segreto della vita mistica, che è la vera conformazione al Signore, è stato consegnato a Francesco e ai suoi figli, e a tutti noi, con la stimmata di quello sguardo, ed è questo: Io Sono Risorto, e sono crocifisso in te, perché tu sei la mia umanità crocifissa, la mia carne crocifissa nel mondo.
La passione di Gesù in Francesco è la passione per il suo corpo che è la Chiesa. E’ la passione sia dolorosa che amorosa dell’”Amore non amato”, perché non riconosciuto come tale dalla sposa amata, che è la Chiesa.
La passione di Francesco è imitazione di Cristo anche nelle vicende successive del suo ordine, che assomigliano a quelle della cristianità dopo la generazione dei martiri, quando essa volle assomigliare al mondo ‘imperiale’ che ormai l’aveva accolta, sia in oriente che in occidente.
Anche nella definizione del vangelo ‘sine glossa’ ritroviamo lo stesso mistero di conformazione. Esso dipende infatti dallo stesso atteggiamento contemplativo che vede cadere naturalmente da sé la descrizione e la spiegazione, e indica invece una direzione diversa, che non è in opposizione allo studio, ma lo supera nell’effettiva incarnazione del vangelo nella vita.
Francesco ha offerto il proprio corpo, come Maria. Le due richieste che egli fece al Signore – sentire e il dolore delle ferite e l’amore che le causarono – e in seguito alle quali ricevette le stimmate sulla Verna, rispecchiano non tanto il desiderio di riprodurre la passione di Cristo come evento accaduto una volta per tutte, ma il desiderio di conformare la vita allo stesso mistero di Dio creatore e Salvatore perché Sposo, “Amore non amato”.
4. L’importanza della povertà deriva proprio dall’esperienza dell’amore di Dio che è povertà assoluta, è l’atteggiamento del potente che si fa mendicante, e della Bellezza infinita e increata che si fa lebbrosa. E’ LA POVERTA’ DELL’AMORE: secondo questa forma viene plasmato Francesco, nel corpo e nello spirito.
La vita contemplativa di S. Francesco trova nella povertà dell’amore la sua sorgente, e la indica a tutti gli stati di vita, perché tutti possano dissetarsi ad essa. Questa esperienza dell’amore povero, dell’amore di Dio che fra noi si esprime come povertà, è all’origine di tutta la testimonianza del Santo, ben visibile plasticamente, sia nello sguardo del Crocifisso di S. Damiano, sia nell’esperienza delle stimmate ricevute come sigillo finale della somiglianza con l’Amato. Francesco riceve e sa di ricevere tutto così, perché è docile allo Spirito che lo ha reso tanto povero da farlo icona vivente di questa povertà divina. Il Crocifisso serafino, che gli apparve sul monte La Verna, è già contenuto in quello di S. Damiano: là lo sguardo fu unito alla parola, qui alla forza trasformante delle piaghe dell’Amore povero.
Madre Mirella Muià