L’esperienza mistica della “voce” interiore

I FENOMINI MISTICI

La manifestazione di fenomeni misteriosi ha varia tipologia. Sono considerati “straordinari” quelli non “essenziali” – cioè, in un certo senso, non “fondamentalmente necessari” – alla vita mistica in sé. Tra questi, i più noti sono i fenomeni psicofisici, come la stimmatizzazione e la bilocazione. Di ordine detto, invece, intellettuale – cioè che coinvolgono le facoltà mentali – sono le visioni e le locuzioni. Con queste ultime si intende il “sentire parlare”, tanto che una volta i trattati di ascetica e mistica le definivano “parole soprannaturali”. Oggi vengono più semplicemente chiamate “parole interiori” di Dio all’uomo, finalizzate al nostro bene per pura misericordia di Dio stesso, perché “aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti” e nella pienezza del tempo “ha parlato a noi per mezzo del Figlio”, Colui che “sostiene tutto con la potenza della sua parola” (Eb 1, 1-3).

Tramite tali parole Dio, Gesù, la Madonna, i Santi, gli Angeli buoni o caduti e i defunti comunicano il proprio pensiero. Queste manifestazioni possono essere percepite dai sensi esterni, fisicamente con l’udito, come provenienti da una voce normale. Perciò sono dette esteriori o locuzioni vocali o corporali, in quanto risuonano agli orecchi. Nella casistica mistica sembrano rare. Più ricorrenti, invece, sono le locuzioni interiori, che si suddividono in due tipi: immaginarie e intellettuali. Si tratta sempre di percezioni sensibili, avvertite dalla persona dentro di sé e “dal di dentro”. Si dicono immaginarie se percepite dall’immaginazione, sia da svegli che nel sonno, e intellettuali se rivolte direttamente all’intelletto, senza alcun coinvolgimento dei sensi. Le locuzioni intellettuali, a loro volta, si distinguono in “successive”, se frutto di un ragionamento che si forma sotto l’azione dello Spirito Santo come un parlare del soggetto fra sé e sé, e “formali”, se le parole sono formulate distintamente da un altro soggetto. Infine, si chiamano locuzioni “sostanziali” se, imprimendosi nell’anima, queste parole producono l’effetto del loro contenuto. Mai si tratta di parole udite dalle orecchie fisicamente, ma solo “sentite” chiaramente nell’intimo della persona.

Quanto al contenuto, tali fenomeni si annoverano tra le rivelazioni private, distinte dalla Rivelazione pubblica che è la Parola di Dio contenuta nella Bibbia e trasmessa dalla Tradizione divino-apostolica, interpretata dal Magistero della Chiesa e alla quale è dovuta l’obbedienza della fede (cf. Dei Verbum, n. 5). Le rivelazioni private ritenute autentiche sono stimate un atto di amore e di condiscendenza di Dio per il dono di una più profonda conoscenza dei suoi misteri rivelati e l’esortazione a viverli più fruttuosamente, specialmente in determinati contesti storici, per una o più persone o per la Chiesa intera.

 

TRE ESPERIENZE A CONFRONTO

Un fenomeno, quello delle “parole interiori”, che attraversa tutti i secoli della storia della Chiesa, fino ai nostri giorni. Vediamo in sinossi l’esperienza di tre donne innamorate di Dio dopo che ciascuna di loro ha avuto un travagliato percorso di “conversione” verso la totale consacrazione a Lui: Suor Maria della Trinità (1901-1942), Clarissa a Gerusalemme; la Venerabile Suor M. Consolata Betrone (1903-1946), Cappuccina a Moncalieri; Santa Faustina Kowalska (1905-1938) in Polonia e Lituania.

Santa Faustina Kowalska (1905-1938)

Quest’ultima, nel famoso Diario scrive: “Ma per ascoltare la voce di Dio, bisogna avere la quiete nell’anima, ed osservare il silenzio: non un silenzio tetro, ma il silenzio interiore, cioè il raccoglimento in Dio” (I, 26. X.1934). Un anno più tardi, presa dal dubbio che tutto fosse una menzogna o un’illusione, ricevette dentro di sé la seguente risposta: “All’improvviso sentii nel mio intimo una voce forte e chiara: «Tutto quello che dici della mia Bontà è vero»” (1,10. lo 1935). Molto tempo dopo, la voce, che l’Apostola della Divina Misericordia identifica con quella di Gesù, le dirà ancora: “Procura di vivere nel raccoglimento, in modo da poter udire la Mia voce; essa è tanto sommessa che possono udirla solo le anime che vivono nel raccoglimento” (VI, 2. VI. 1938).

In quegli stessi anni e giorni, Suor M. Consolata si esercitava a vivere e a crescere in un raccoglimento eroico nel Monastero delle Cappuccine prima a Torino, poi a Moncalieri. La “verginità” dell’incessante atto d’amore consiste proprio nell’assoluto e perfetto raccoglimento di tutto il proprio cuore, tutta la propria anima, tutta la propria forza e tutta la propria mente nell’amore di Dio e del prossimo in esso (cf. Lc 10,27). La realizzazione di questa perfezione di amore avverrà progressivamente, passando da un silenzio rigoroso a un silenzio “verginale di tutto, su tutto”, silenzio che Suor M. Consolata definisce, infine, “di tomba”: “Non un pensiero, non un interessamento, neppure per carità; non una parola per nessun motivo” (21-29 ottobre 1939). La “voce” tacque in Suor Consolata dal 16 dicembre 1935, come le aveva annunciato. Eppure è in quel suo “silenzio” che la Cappuccina ritrova pace e luce salendo il suo Calvario per le vette dell’amore, del dolore e delle anime. Ella percepiva la Presenza divina nella notte oscura dell’assenza.

È il punto d’arrivo “eucaristico-oblativo” delle tre “mistiche della voce”: il silenzio di Gesù immolato è la parola dell’Amore redentivo al quale si associano come “anime vittime”. A Suor Maria della Trinità, ormai a termine del Colloquio interiore e della sua vita terrena, il Salvatore Gesù dice: Scendete al fondo, nel più profondo di voi stessi e voi mi ci troverete. Fate silenzio nel più profondo di voi stessi: capirete la mia voce. Ascoltatemi! Fate quanto vi dico: io vi trasformerò!” (n. 610). E ancora: “Là dove si è ben disposti ad ascoltarmi, io parlo. La mia voce è dentro di esse [leanime], non fa nessun rumore” (n. 614).

Suor Maria della Trinità (1901-1942)

Luisa Jacques era figlia
di missionari calvinisti
in Sudafrica. A Milano,
nel febbraio del 1926,
percepì l’irresistibile
chiamata in un percorso che la vide diventare cattolica e clarissa nel Monastero
delle Clarisse a Gerusalemme, con il nome di
Suor Maria della Trinità. Il suo confessore, Padre Silverio Van den Broeck, francescano belga, la sollecitò a scrivere ilcolloquio che ella aveva con una misteriosa “Voce” che le parlava nell’intimo. Gli Appunti, l’Autobiografia e pochi altri scritti di Suor Maria della Trinità sono raccolti in un libro, Colloquio interiore. La Prefazione, stilata da F. Canova nel 1955, si sofferma sul fatto della “voce” da lei sentita ed esclude il trattarsi di isterismo, benché mai vi sia stata tale accusa. Già nel Natale 1942, l’allora Patriarca di Gerusalemme, Sua Beatitudine Mons. Luigi Barlassina, scrivendo al Padre Van den Broeck dopo la lettura del manoscritto, svela un altro elemento da considerarsi affine con la Betrone: quello che “Dio non domanda nulla di veramente straordinario”, se non “una fedele corrispondenza alle sue sante ispirazioni, e la generosità di nulla rifiutare di quei piccoli sacrifici che si presentano lungo la giornata”. A Suor M. Consolata insegna tramite la “Voce” interiore: Raccogli con amore i fiori di virtù che farò sbocciare sui tuoi passi e il frutto che porterai sarà copioso e abbondante. Sei una piccola anima e accontentati di dare a Gesù i piccoli nonnulla con tanto amore. Continua in questa minuta fedeltà” (26 novembre 1935). I “nonnulla” che il Signore poi indica sono piccoli sacrifici della quotidianità di una vita in clausura: mangiare ciò che la Comunità passa per tutte le suore, rinunciare a quanto è dato per chi ha bisogni particolari, bere acqua a sorsi anziché l’intero bicchiere, scattare al primo segno della campana, fedeltà ai piccoli doveri. E aggiunge: “Vedi, son tutte piccole cose, ma lo godo tanto e conferisco a queste piccole cose un merito immenso, perché Me le offri con tanto amore” e le dice: “Gesù da te non vuole le eroiche mortificazioni”, perché “tu poi ti crederesti di fare qualcosa”.

Interessante, in merito alla “Voce” in Suor Maria della Trinità sono alcune considerazioni di Hans Urs von
Balthasar: “Qui dei
«messaggi senza
 parole» sono tradotti 
in linguaggio parlato
… il suo tema fondamentale è quello dell’ascolto interiore della 
voce del Signore.
 Questo ascolto è l’atto 
centrale della contemplazione cristiana e biblica, all’opposto di
qualsiasi altra, che sia
 neoplatonica o asiatica
… Dio parla dolcemente … Egli può anche, come ella dice una volta negli Scritti, parlare senza rumore di voce, in silenzio: e tuttavia l’anima comprende allora perfettamente ciò che Egli vuole”.

Venerabile Suor M. Consolata Betrone (1903-1946)

Nella Cappuccina di Moncalieri questo accade per esempio, molto chiaramente, tre mesi dopo che è entrata nel grande silenzio della “Voce”, allorché un giorno in raccoglimento sta pregando il Divin Padre. Nei suoi appunti annota quanto segue: Padre Santo, che cosa ti renderò in cambio che mi hai dato Gesù? E percepii: «L’amore che si manifesta con l’osservanza dei Comandamenti»” (7 marzo 1936). È interessante che non parla di “Voce”, ma quel “percepii” trasmette tutta la “immaterialità” di una parola senza “suono”, “senza rumore di voce”, appunto. Per Suor M. Consolata immediata è la comprensione. Per lei il messaggio significa fedeltà assoluta a quello che chiama “il mio comandamento”: non interrompere mai l’atto d’amore o subito riprenderlo. Quando è l’ora che avvicina l’offerta come vittima, la Serva di Dio sente la “Voce” che le dice: “Vedi, Io sono amore, e finché tu rimani nell’amore, rimani in me, ma anche Io in te… quindi anche quando tacerò ricorda sempre che, finché tu mi ami, lo sono in te e tu in me!” (10 novembre 1935). La Cappuccina amerà fino ad essere “ostia per Ostia” e “vittima per Vittima”. Non è casuale certa- mente che il silenzio della “Voce” si preannuncia con il suo voto di vittima. Il Signore inizia a prepararla dicendole: “Non ti chiedi il motivo di questo voto [obbedienza al Padre Spirituale]? Vedi, finché si sente Gesù in cuore, finché parla, oh allora soffrire è dolce! Ma quando tace, quando non si sente più A Natale comincerà per te il grande silenzio di Gesù e durerà sino al tuo risveglio in Patria [in Cielo]. Ecco il motivo del voto che ti ho fatto fare stamane” (22 ottobre 1935). Di giorno in giorno, fino al16 dicembre 1935, quando sarebbe calato il silenzio della “Voce”, il Signore la ammaestra ancora sui vari significati di quella sofferenza che le chiede, perché nonostante il distacco psicoaffettivo e interiore al dono di Dio, la rinuncia alla sensibilità della “Voce” resta un doloroso sacrificio anche per le anime mistiche di questo privilegiate. Il “martirio” di Suor M. Consolata è necessario, “perché le anime bisogna salvarle con la sofferenza” (11 dicembre 1935). Suor Maria Consolata desidera per questo, unita e per amore di Gesù, la vetta del dolore e, quindi, attende con desiderio la sofferenza di quel silenzio della “Voce”.

Quanto a Santa Faustina, “nulla all’esterno tradiva la sua vita mistica così eccezionalmente ricca. Svolgeva i suoi compiti con ardore, osservava con fedeltà tutte le regole della vita religiosa, viveva in raccoglimento e silenzio e, nello stesso tempo, era spontanea, serena, piena di cordiale e disinteressata carità verso gli altri. Tutta la sua vita era concentrata nel tendere ad una unione sempre più piena con Dio e a collaborare con Gesù nell’opera della salvezza delle anime”, hanno testimoniato le Consorelle. Ormai al culmine della sua immolazione d’amore, annota nell’ultima preparazione alla Santa Comunione: “Cercherò di avere in me il silenzio interiore, per poter udire lo Sua voce”. E nella terz’ultima pagina del suo Diario confida: I momenti più belli per me sono quelli nei quali sono a colloquio col Signore nel mio intimo. Procuro, per quanto è in mio potere, di fare in modo che non sia solo. Egli ha sempre piacere di stare con noi (VI Quaderno).
A Suor Maria della Trinità, Gesù suggerisce in meditazione alla XIV Stazione della Via Crucis, in cui lo si contempla deposto nel sepolcro: È il vostro cuore il sepolcro da dove io desidero risuscitare: non lasciarmi solo. Fammi vivere in tutta la tua vita, perché possa manifestarmi attraverso te”. La Clarissa di Gerusalemme vi riuscì, se già nel poco tempo che visse nel Monastero della Città Santa, lasciò un indelebile ricordo tra le consorelle. Una di queste, anziana, interrogata dalla Superiora su Suor Maria della Trinità dopo la sua morte quasi improvvisa, rispose: “Secondo me, Suor Maria della Trinità era un’anima molto dolce, molto raccolta. Non mi stupirei che abbia in qualche occasione percepito una voce interiore”.

Infine, ecco una testimonianza su Suor Maria Consolata Betrone, da parte di una terziaria francescana: “Consolata è stata sempre un’anima nascosta … Essa, in continuazione, era in contatto vero con l’Altissimo: non stiamo a ricercare se Egli le apparisse o no, se la ‘Voce’ era effettiva o sentita solo in modo mirabile dalla sua volontà. Dobbiamo solo e veramente constatare che essa era in continua sofferenza… poiché la cosiddetta ‘Voce’ era per lei un continuo e assillante modo di ricerca di perfezione, di Assoluto, che non le lasciava quieteEd è nella monotonia della vita religiosa di ogni giorno che essa è più grande, per il suo incessante volere, per lo sua angoscia di obbedire alle voci terrene come ha obbedito a quelle celesti. .. È moderna nel suo intimo, poiché il suo fermo volere non è solo un colloquio di Dio con la sua creatura, ma un colloquio della creatura con il suo Dio, il che oggi fa riflettere maggiormente tutti”.

 

Luciana Maria Mirri – Teologa

[Fonte: Rivista “La piccolissima via d’amore”, giugno 2019]

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